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Donazione Lodigiani

La Donazione Lodigiani

Abbiamo dedicato una pagina speciale alla donazione della famiglia Lodigiani. Questo, non solo perché i libri sono alcune migliaia, ma anche perché l’Ing. Enrico, con il quale abbiamo piacevolmente interagito in questi mesi, ha voluto venirci incontro in molti modi. Egli ha persino voluto sostenere le spese di invio dei libri da lui offerti. Ora, poiché la classificazione e la messa in catalogo dei libri prenderà un certo tempo e quindi sarà visibile, come lista, solo nei mesi, abbiamo voluto pubblicare, già da ora, un ringraziamento.

Ci è parso di fare cosa gradita a tutti, aggiungere la testimonianza del past. Adelio G. Pellegrini (nella foto), amico di vecchia data della famiglia Lodigiani, il quale ha saputo trovare le parole giuste per far conoscere loro, la nostra facoltà e la sua biblioteca. Leggi più avanti.

Ing . Giuseppe LODIGIANI
Un ricordo. Avevo 15 anni quando il 1° ottobre 1960 ero stato assunto dall’impresa dell’ing. Lodigiani.

Ero il ragazzo d’ufficio, avevo finito il III Avviamento Industriale al Lavoro. L’ing. Giuseppe1 Lodigiani era il Consigliere Delegato dell’Impresa. Grande rispetto ed ammirazione da parte di tutto il personale, nessuno escluso. Era il primo a entrare in ufficio, ore 8, l’ultimo a uscire, quando era in sede, ore 20. L’orario d’ufficio era: inizio ore 9, chiusura ore 19, pausa pranzo ore 13-15. Ogni domenica mattina era in ufficio. Poco prima delle 12, la moglie con il figlioletto Michele entrava in ufficio per poi uscire con il marito per andare a messa.

L’Impresa Lodigiani era importante a livello nazionale e in Svizzera per i lavori fatti. L’ing. Peppino ha creato l’Impregilo (Impresit-Girola-Lodigiani) firmando importanti e grandi lavori: la diga di Kariba, sulla Zambesi in Rodesia, creando il più grande lago artificiale del mondo; Akosomo in Ghana; il trasferimento dei templi di Abu Simbel a seguito della costruzione della diga di Aswan in Egitto; la più grande diga Rawalpindi in Pakistan, superata poi dalla diga di Yacireta costruita in Argentina, sbarrando il Nilo, l’ Indo, il Paranà, il Tago, e altri ancora. L’ing. Peppino è stato insignito dalla regina Elisabetta con il titolo di O.B.E. Order British Empire.

Quando nel 1962 chiesi di non lavorare di sabato, per osservare il IV comandamento come riportato nella sacra Scrittura, la sua risposta fu: «Anche nel Ghana abbiamo un operaio che al sabato non lavora».

Ero un ragazzo ed ero fiero di essere coinvolto in un grande progetto.

La politica dell’Impresa Lodigiani era: lavorare bene, rispettare i tempi previsti per la realizzazione del lavoro, possibilmente finirlo prima. Prevenire le rivendicazioni del personale.

Nel 1967 lasciavo l’Impresa Lodigiani per studiare teologia nell’Istituto Avventista di Cultura Biblica di Firenze, ora facoltà teologica riconosciuta dal Ministero della Pubblica Istruzione. L’ing. Paolo Lodigiani, allora Presidente, quando andai a salutarlo mi disse che per me ci sarebbe stato sempre un posto di lavoro alla Lodigiani. Lo presi in parola: trascorrevo le vacanze scolastiche lavorando nell’Impresa, sostenendomi così negli studi.

Nel novembre del 1970, mentre continuavo gli studi in Francia, ricevetti una sua lettera da Tarbela, Pakistan, in risposta a una mia cartolina.

Negli anni Settanta il Dipartimento della Gioventù aveva il progetto di comprare una proprietà nel Casentino per farne un centro giovanile a livello nazionale. Il collega Rizzo mi chiese se potevo chiedere all’ing. Lodigiani un finanziamento, senza interessi. L’ing. Peppino mi fissò un appuntamento. Quando vi andai, non era in sede ma aveva lasciato detto di raggiungerlo all’Impregilo dove aveva una importante riunione non prevista. Vi andai, si assentò per parlare con me e, dopo avergli presentato il motivo della mia visita, mi chiese se doveva finanziare tutto il progetto. Il prestito è stato regolarmente restituito, ma nessuno della famiglia ha saputo di questa sua azione di liberalità, come del resto di tante altre.

Tutte le volte che sono andato a fargli visita, mi ha sempre dedicato del tempo, ma mai lui mi accolse seduto da una parte della scrivania e io dall’altra: entrambi eravamo seduti uno al fianco dell’altro dal lato degli ospiti della scrivania o al tavolo rotondo.

I libri religiosi che gli eredi hanno donato alla Facoltà Avventista, non li ha solo acquistati, dei segni evidenziano che sono stati da lui visitati. Sono una parte dei suoi molteplici interessi. L’Ing: G. Lodigiani è stato fondatore dell’Orchestra Giuseppe Verdi di Milano.

L’ing. Peppino Lodigiani, molto riservato, lo ricordo come un grande signore che con gli importanti lavori fatti ha reso onore alla genialità del nostro Paese.

Concludo il mio ricordo dell’ing. Peppino con quanto scrive nelle sue ultime pagine di Ciò che credo, nelle quali riassume l’epilogo dei quasi cento anni dell’Impresa Lodigiani: «In pochi, penosi anni, passammo dalla categoria dei vincenti e dei forti, nella quale ci era sembrato di esserci comportati senza arroganza, a quella dei vinti e perdenti, dove ci sembra di essere riusciti a mantenere, finora, dignità e rispetto (…) ci sentiamo vinti, ma non umiliati, anzitutto perché siamo convinti della nostra sostanziale innocenza e perché la nostra “decadenza e caduta” non ha causato danni ad alcun altro…

Io, dunque sono cambiato…

Chi, essendo la personificazione stessa dell’innocenza, è stato giudicato colpevole da tutti i poteri, umiliato e schernito dai loro scherani, abbandonato dai suoi, ed infine crocefisso. E questa comprensione della sofferenza di Cristo, unita al senso del Suo amore per l’uomo è quasi tutta la fede. Forse, si potrebbe anche dire: “patior, ergo credo”…

Non sono arrivato a concludere che homo homini lupus, ma penso… che la favola lupus et agnus di Fedro costituisca un quadro fedele di gran parte dei rapporti umani. Ciò malgrado, continuo a sperare, e voglio credere, che “alla fine” la “bontà”, la semplice, cara, mite, forte bontà finirà per averla vinta: ma quanta sofferenza, quanto dolore, prima di questa vittoria!»2
Riportando i versi di Mario Luzi che adotta integralmente perché esprimono ciò che sente in forma alta e bellissima: «Il bulbo della speranza / che ora è occultato sotto il suolo / ingombro di macerie, / non muoia, / in attesa di fiorire alla prima primavera.»3

Adelio G. Pellegrini


  1. È con il nome confidenziale Peppino che tutti lo chiamavano, lascia il suo testamento spirituale: LODIGIANI Peppino, Ciò che credo, Natale 2001.
  2. Idem, pp. 196,197,198.
  3. Idem, pp. 208,209.
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